“LE BUONE PRATICHE DELL’ARCHEOLOGIA”

Documento finale del Convegno internazionale di italia nostra tenuto a Caltanissetta (28-30 ottobre 2024)

LA SITUAZIONE SICILIANA E LE NOSTRE PROPOSTE

La Regione Siciliana ha sperimentato per prima in Italia la configurazione istituzionale dei Parchi archeologici, per rendere organiche le azioni di ricerca, conservazione e valorizzazione del diffuso patrimonio archeologico dell’Isola, messo in luce e reso fruibile dalle Soprintendenze territoriali.

La necessità di creare parchi archeologici scaturisce dal riconoscimento di eccezionale valore di una  zona  caratterizzata  da  importanti  testimonianze  archeologiche.  Il  carattere  storico  del paesaggio  è  il  contesto  di  riferimento  da  salvaguardare  come  percezione  nel  tempo  con  le modifiche apportate dall’uomo; gli aspetti naturalistici derivano sempre dalla peculiarità dei luoghi, da tutelare e curare in un tutt’uno con il contesto archeologico.

Ma il processo di attuazione del quadro legislativo non è stato compiuto in modo coerente e il Convegno si propone di evidenziarne le potenzialità e le criticità, al fine di prospettare le possibili soluzioni ai problemi.

Occorre porre in premessa una breve sintesi dello sviluppo decennale dell’assetto istituzionale dei Luoghi della Cultura e delle Soprintendenze regionali.

LA LEGISLAZIONE REGIONALE DI TUTELA DEL PATRIMONIO CULTURALE

Nel 1975 i decreti del Presidente della Repubblica diedero attuazione alla “potestà legislativa” in materia  di  tutela  dei  beni  culturali  e  del  paesaggio,  sancita  dall’articolo  14  dello  Statuto autonomistico del 1946. L’assemblea siciliana esercitò tale potestà nell’ambito che le era proprio, legislativo e organizzativo. Tramite un ampio dibattito aperto ai tecnici e funzionari dei beni culturali e al mondo dell’Università, i legislatori siciliani diedero vita, con la legge-quadro n. 80/1977, al sistema  regionale  multidisciplinare  delle  Soprintendenze  uniche  che  è  stato  utilizzato recentemente  come  modello  per  l’amministrazione  statale.  Le  Norme  per  la  tutela,  la valorizzazione e l’uso sociale dei beni culturali ed ambientali nel territorio della Regione Siciliana, ancora vigenti, avevano la grande ambizione di creare un circuito virtuoso tra ricerca scientifica, tutela contestuale del patrimonio e promozione culturale delle comunità locali nei diversi territori isolani.

Per dare attuazione a questo modello organizzativo, la L.R. 7 novembre 1980 n. 116, dispose in modo dettagliato le competenze scientifiche e le funzioni specialistiche del “ruolo tecnico dei beni culturali”,  in  modo  che  all’interno  delle  Soprintendenze  uniche  fosse  garantita  la multidisciplinarietà.  I  direttori  delle  sezioni  tecnico  scientifiche  (ambientale,  archeologica, architettonica,  bibliografica,  storico-artistica)  dovevano  essere  dotati  di  un  profilo  specialistico (naturalisti, archeologi, architetti, bibliotecari, storici dell’arte) e avevano piena potestà e autonomia nell’emettere  il  parere  tecnico  di  loro  competenza,  che  poi  veniva  controfirmato  dal Soprintendente. In tal modo si garantiva la tutela olistica, globale e contestuale, del patrimonio culturale  e  la  competenza  specialistica  dei  funzionari  preposti  alle  diverse  tipologie  dei  beni culturali assicurava la legittimità degli atti emanati.


L’ultima riforma legislativa del sistema regionale di tutela ha applicato questo modello di tutela territoriale contestuale al patrimonio archeologico, dettando le norme per il “sistema dei parchi archeologici sicilian”, con la L.R. 20/2000 che istituì il primo Parco archeologico e paesaggistico nella Valle dei Templi di Agrigento. Nel 2001 venne stabilito con un decreto dell’assessore l’elenco dei Parchi archeologici che avrebbero dovuto essere istituiti entro breve tempo. Ma, per quanto il sistema regionale sia stato antesignano anche degli indirizzi nazionali, i parchi siciliani   hanno dovuto aspettare quasi due decenni per vedere la luce. Solo nel 2019 il sistema dei parchi archeologici è stato finalmente avviato con l’istituzione di 14 parchi archeologici.

LE DISFUNZIONI AMMINISTRATIVE: POTERE SENZA SAPERE

In questi ultimi decenni l’Amministrazione regionale dei beni culturali ha disarticolato con vari passaggi legislativi e organizzativi il sistema regionale di tutela, giungendo alla separazione delle Soprintendenze dal “museo diffuso” nei territori.

In  tal  modo  il  modello  siciliano  di  tutela  multidisciplinare  è  stato  lentamente  snaturato, trasformando gli organi tecnico-scientifici in meri uffici burocratici, affidati a personale spesso privo delle specifiche competenze disciplinari.

Questo processo di dissoluzione dell’assetto multidisciplinare delle Soprintendenze è stato portato  a  compimento  dall’accorpamento  delle  cinque  sezioni  tecnico-scientifiche (archeologica,  architettonica,  bibliografica,  paesaggistica  e  storico-artistica),  operato  tramite  il Decreto del Presidente della Regione n. 9/2022.

Con lo stesso decreto il Governo Regionale ha inoltre accorpato i Luoghi della cultura, inglobando musei  archeologici  istituiti  dalle  leggi  regionali  80/1977  e  17/1991  e  molte  aree archeologiche demaniali nei “Servizi Parchi archeologici”.

I 14 Parchi archeologici vengono così a comprendere i siti culturali di vastissimi territori (in alcuni casi i territori delle singole province), andando ben oltre i limiti che sarebbero loro imposti dalle perimetrazioni dei decreti di istituzione emanati nel corso di vent’anni, ai sensi della L.R. n. 20/2000.

Si è voluto, in tal modo, separare le attività di tutela dalla valorizzazione del patrimonio culturale regionale, con la conseguenza di innescare conflittualità tra Soprintendenze, competenti sulla  tutela  territoriale,  e  Parchi,  cui  spetta  la  programmazione  delle  azioni  di  ricerca, conservazione e di valorizzazione di aree archeologiche e musei. Inoltre, è sparita completamente la competenza disciplinare sulle diverse tipologie di beni culturali: sia nelle Soprintendenze così come  nei  Parchi  e  nei  Musei,  infatti,  il  patrimonio  archeologico  non  è  affidato  alla responsabilità di archeologi.

Si è giunti al paradosso che la Regione, dopo aver nominato per decenni personale privo dei requisiti  di  legge  ai  ruoli  di  responsabilità  dei  beni  archeologici,  archivistici,  bibliografici, etnoantropologici  e  storico  artistici,  un  anno  fa  ha  nominato  fra  i  responsabili  di  postazioni organizzative  dei  BB.CC  funzionari  non  in  possesso  di  laurea  specialistica,  individuati  quali assistenti tecnici (Decreto n. 3367 del D.G. BB.CC., pubblicato il 4 settembre 2023). Abbiamo chiesto il ritiro di questo decreto con l’appello “In Sicilia ci sono ancora le Soprintendenze dei geometri?”, che ha ricevuto molte importanti adesioni. Ci si chiede se questi assistenti tecnici dovranno dare le direttive ai funzionari direttivi, archeologi, archivisti, storici dell’arte, bibliotecari, architetti che possiedono titoli specialistici postlaurea.

L’assenza delle adeguate competenze nelle postazioni apicali dei Luoghi della Cultura siciliani ha prodotto  non  solo  un  grave  deficit  di  progettazione  di  interventi  di  conservazione  e valorizzazione sui beni culturali, ma anche una cattiva qualità di quelli realizzati. Sono sotto gli occhi di tutti i risultati di “Cattive Pratiche” nell’utilizzo dei fondi ordinari o strutturali impiegati dai Servizi denominati “Parchi archeologici”.

IL DISEGNO DI LEGGE 366/2023 IN ESAME ALL’ARS

Invece di porre rimedio alle gravi disfunzioni dell’amministrazione regionale dei beni culturali, sono stati proposti all’approvazione dell’ARS, nella scorsa legislatura e in quella attuale, Disegni di Legge che recepiscono, modificandola e limitandola, la normativa nazionale di tutela del patrimonio culturale contenuta nel Codice.

Abbiamo segnalato con una lettera aperta al Ministero della Cultura e all’Esecutivo regionale la pericolosità  delle  norme  contenute  nel  DDL  366-328/2023,  attualmente  in  esame  all’ARS. Segnaliamo  le  seguenti  distorsioni  normative:  il  principio  del  silenzio-assenso  nelle autorizzazioni; l’assegnazione in forma diretta della gestione dei Luoghi della Cultura a privati; l’affidamento di incarichi di direzione dei Musei e Parchi archeologici sulla base di non precisati esperienze e titoli.

Abbiamo più volte segnalato lillegittimità di qualsiasi forma di recepimento del Codice dei beni culturali da parte della Regione Siciliana, poiché ciò si configura come travalicamento dei limiti imposti  alle  norme  regionali  dalla  gerarchia  delle  leggi  nell’ordinamento  giuridico  italiano.  Le norme contenute nel DDL che intendono modificare il Codice sono illegittime in quanto tale Legislazione  gode  del  recepimento  dinamico,  perché  costituisce  una  riforma  nazionale  di carattere economico-sociale che dà attuazione ad un principio fondamentale della nostra Costituzione, l’art. 9, oltre che all’art. 117, novellato dalla Riforma Costituzionale del Titolo V del 2001.

L’ARTICOLO 9 DELLA COSTITUZIONE

Appare scontato che qualunque strategia concernente il patrimonio culturale debba comportare una stretta e inscindibile connessione tra ricerca, tutela, valorizzazione e conseguente fruizione pubblica.

Il nesso tra la promozione della cultura e della ricerca scientifica e la tutela del Paesaggio e del patrimonio  storico  artistico  della  Nazione,  nel  cui  ambito  sono  stati  compresi  l’ambiente,  la biodiversità  e  gli  ecosistemi,  costituisce  il  fondamento  ineludibile  del  dettato  costituzionale dell’articolo 9.

La chiosa finale del nuovo testo precisa gli obiettivi sociali del principio di tutela, e chiarisce perché esso  fu  posto  tra  le  dodici  norme  fondanti  della  nostra  Carta:  nell’interesse  delle  future generazioni.  Dunque,  l’articolo  9,  come  recentemente  novellato,  acclara  il  valore  “costitutivo” dell’obbligo istituzionale di tutela e promozione della Cultura, non solo per ciascuno di noi, oggi, ma per il futuro della democrazia nel suo insieme.

Pertanto, la lesione di questo principio costituente da parte della Regione Siciliana, determinata dall’incapacità di esercitare gli obblighi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale da parte degli Enti regionali preposti, a causa delle disfunzioni organizzative sopra descritte, costituisce un grave vulnus all’assetto democratico della Nazione intera, cui è doveroso porre rimedio.

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Il parco è dunque Archeologico per la sua connotazione significante e per essere logicamente integrato nel suo più ampio contesto, deve partecipare propositivamente all’ecosistema che lo accoglie e lo identifica.

L’APPELLO AL GOVERNO NAZIONALE

Per  tutto  quanto  sopra  rappresentato,  dopo  esserci  rivolti  al  Governo  Regionale  reputiamo necessario  appellarsi  con  forza  al  Governo  nazionale,  al  fine  di  ripristinare  l’assetto istituzionale legale dell’amministrazione regionale dei beni culturali, affinché le Soprintendenze ed i Luoghi della cultura siciliani possano adempiere agli obblighi di tutela derivanti dalla normativa  comunitaria  e  nazionale,  oggi  in  gran  parte  disattesi  su  tutto  il  territorio dell’Isola,  e  possano  impiegare  efficacemente  e  pienamente  i  fondi  ordinari  e  i  fondi strutturali messi a disposizione dalla Comunità Europea.

A tal proposito occorre far rilevare che il mancato esercizio dei compiti costituzionali di tutela  del  patrimonio  archeologico  nazionale  conservato  in  Sicilia  rende  l’Italia inadempiente rispetto agli obblighi assunti con la firma della Convenzione europea per la protezione  del  patrimonio  archeologico.  La  Valletta,  16  gennaio  1992,  ratificata  dal Parlamento italiano il 19 aprile 2015 con la legge n. 57.

Occorre ripristinare l’unitarietà giuridica del sistema di tutela su tutto il territorio nazionale e restituire la dignità del proprio ruolo pubblico ai professionisti dei beni culturali in servizio presso le Istituzioni di tutela dell’Isola, non trascurando la necessaria immissione nei ruoli, tramite concorsi, delle figure professionali oramai divenute carenti a seguito dei pensionamenti. Lungi dall’essere  una  rivendicazione  corporativa  della  categoria  degli  archeologi,  il  problema  della professionalità tecnica riguarda infatti tutto il settore della cultura -le soprintendenze, i parchi, i musei- dove ormai mancano anche gli storici dell’arte, i bibliotecari, gli archivisti, gli architetti esperti in restauro dei monumenti e in museografia.

Il patrimonio culturale della Nazione conservato nei territori siciliani dovrà tornare a godere della cura istituzionale, che solo organi tecnico-scientifici regionali, guidati da personale con  elevate  competenze  professionali  specialistiche  e  dotati  di  adeguati  investimenti pubblici, possono assicurare.