L’associazione “La Città dello Stretto”, nata per estendere al campo culturale la richiesta di partecipazione popolare sorta dall’impegno civico del Comitato No Ponte Capo Peloro, ha aderito al processo di costituzione della Rete delle Comunità di Patrimonio Territorio Stretto Sostenibile avviato sulle due sponde dello Stretto.

Come primo passo di questo progetto di messa in rete delle realtà sociali attive nello sviluppo sostenibile dei territori dello Stretto di Messina, l’associazione ha chiesto e ottenuto il riconoscimento come Comunità di Patrimonio “Di qua dal Faro. Messina Waterfront storico”, ai sensi della Convenzione europea di Faro.

La Convenzione europea siglata nella città portoghese di Faro nel 2005 e recepita dal Parlamento italiano con la legge 1 ottobre 2020, n.133, incoraggia i popoli europei a riconoscere nel patrimonio ambientale e culturale del luogo in cui vivono un bene comune vitale per la loro stessa esistenza. La Convenzione promuove, quindi, la nascita di Comunità di Patrimonio, ossia il riconoscimento di realtà sociali che perseguono obiettivi di tutela e valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale di un determinato Luogo che esse identificano come “identitario”, e agiscono per conservarlo e promuoverne lo sviluppo sostenibile.

La Comunità Di qua dal Faro si propone di far riscoprire agli abitanti di Messina la millenaria connessione esistenziale con lo Stretto della città da cui questo strategico “ponte” marittimo prende il nome.

Sabato pomeriggio, 14 giugno, presso Casa Cariddi a Torre Faro (ex Ufficio Postale), Francesca Valbruzzi presenterà  gli obiettivi della Comunità “Di qua dal Faro” agli abitanti dello Stretto, alle associazioni e alle piccole imprese locali. 

le fondamenta del faro romano di Capo Peloro riemerse dagli scavi archeologici della Soprintendenza di Messina: un podio che poggia su una massicciata realizzata con pali, impermeabilizzato da malta idraulica coperto da cocciopesto come viene spiegato nel video dall’architetto Burgio

Per far questo ha voluto avviare la sua attività con una passeggiata comunitaria alla scoperta dell’antico approdo e del Faro Romano di Capo Peloro.

L’iniziativa si è svolta sabato scorso all’interno del Parco Horcynus Orca, che ha dato il suo patrocinio. Hanno partecipato all’evento: la Comunità di Patrimonio Gli amici di Mortelle e il Liceo “Archimede” di Messina, che ha inserito questa attività nel progetto Eco.


Il folto gruppo di partecipanti ha potuto ammirare, dal litorale e al suo interno, la cosiddetta Torre degli Inglesi, scoprendone la storia millenaria, grazie alla guida sapiente dell’architetto Rocco Burgio, che ha studiato le diverse fasi di realizzazione del monumento.


Compiendo un viaggio all’indietro nel tempo, l’architetto Burgio ha condotto i visitatori a riconoscere, come in una successione stratigrafica dalla struttura più recente alla più antica, le diverse parti del complesso.

Il fortino intorno alla torre più alta venne realizzato dai Borboni nella prima metà dell’Ottocento, mentre l’intervento degli Inglesi è riconoscibile nel rivestimento curvilineo di questa torre, per difendersi dal cannoneggiamento delle navi napoleoniche.

In realtà la seconda torre venne costruita dopo il terribile terremoto del 1783, accanto alla più antica torre- faro quadrangolare, che era stata realizzata in età rinascimentale e di cui abbiamo l’immagine in molte rappresentazioni che la ricordano più elevata di come appaia adesso.

Attraverso i saggi archeologici effettuati vent’anni fa dalla Soprintendenza di Messina possiamo oggi scendere nelle fondamenta delle due torri e scoprire i resti di una torre-faro quadrata di età romana.

Di questo monumento gli archeologi hanno messo in luce l’ampia platea di fondazione in calcestruzzo, rafforzata da una struttura palificata, su cui poggia un plinto a gradoni, coperto da un pavimento in cocciopesto. La piattaforma è rivestita con malta idraulica, per proteggerla dal mare che giungeva a lambire il Faro di Capo Peloro in età antica, visto che la linea di costa era più bassa di circa di un metro.

Le caratteristiche costruttive delle strutture romane e le datazioni al radiocarbonio dei resti vegetali sopra il cocciopesto attestano una cronologia del monumento intorno alla fine dell’età repubblicana.
In questa epoca il Faro di Capo Peloro divenne strategico per l’importanza assunta dall’imbocco tirrenico dello Stretto nelle battaglie navali che videro contrapposti Sesto Pompeo, rex Siciliae, e l’ammiraglio di Ottaviano, Agrippa. Egli con la sua imponente flotta riportò una storica vittoria a Nauloco, tra Milazzo e Messina, nel 36 a. C., ponendo le basi per la costituzione del potere imperiale di Augusto. I resti messi in luce sotto il complesso di torri medievali e moderne, quindi, potrebbero appartenere alla “torre del Peloro” ricordata nella Geografia di Strabone alla fine del I sec. a. C.

Il cammino della Comunità di Patrimonio, dal Faro romano di Capo Peloro, proseguirà nei prossimi mesi, alla scoperta degli approdi lungo la sponda messinese dello Stretto, dal Tirreno allo Ionio, con altre importanti tappe: dal Porto di Capo Peloro, o Traiectus, ricordato dalle fonti antiche, lungo gli altri luoghi di ormeggio per le imbarcazioni, fino al grande porto falcato di San Raineri.