La Striscia di Gaza continua a vivere momenti di estrema crisi e dolore, sotto il pesante peso dei bombardamenti israeliani.

Negli ultimi giorni si sono registrati oltre 100 morti tra i civili e, nelle ultime ore, sono state colpite diverse aree della città e dei suoi dintorni, con conseguenze drammatiche per la popolazione civile. Pesanti attacchi aerei hanno devastato il quartiere di Al Zaytoun e le zone orientali di Gaza, causando la morte di almeno cinque persone e numerosi feriti, tra cui sfollati rifugiati nella scuola Amr Ibn Al-Aas nel quartiere Sheikh Radwan. Questa scuola, che fungeva da rifugio per molti, è stata bombardata dagli aerei israeliani, lasciando dietro di sé una scia di sangue e distruzione. Altri missili sono caduti, nella notte tra giovedì e venerdì, su una tendopoli, causando oltre 50 morti. Le conseguenze umane di questi attacchi si fanno sentire soprattutto tra i più vulnerabili. 

Tra le tante storie raccontate dal canale telegram,  EYE ON PALESTINE, toccante quella di Ahmad, un bambino che ha assistito, in prima persona, agli orrori della guerra nell’area di Al-Qarara, e porta sulle sue spalle un trauma psicologico devastante. Da quando ha visto corpi senza vita e sangue per le strade, si è isolato, ha smesso di mangiare ed è tormentato da frequenti crisi di pianto. Un tempo uno studente brillante, la sua condizione è ora in netto peggioramento.

La violenza non risparmia nemmeno i bambini più piccoli. Un bambino di meno di dieci anni ha subito l’amputazione di una mano a causa di un attacco militare diretto nella città di Jabaliya. Questa ferita non rappresenta solo un danno fisico, ma una profonda macchia sulla coscienza internazionale. I bambini, che dovrebbero vivere un’infanzia all’insegna della sicurezza e della serenità, sono, invece, trasformati in vittime innocenti di una guerra senza fine.

Le tensioni si estendono anche nelle zone rurali di Hebron, dove la scorsa notte soldati israeliani hanno fatto irruzione e aggredito i residenti del villaggio di Khallit Al-Dabe, nella regione di Masafer Yatta. Anche il villaggio di Susya, nella stessa area, è stato attaccato da coloni israeliani, provocando feriti tra la popolazione. L’esercito di occupazione ha, inoltre, lanciato bombe illuminanti nello spazio aereo a sud di Khan Yunis, contribuendo a creare un clima di terrore e insicurezza per i civili.

In mezzo a questa devastazione, emergono storie personali che raccontano il dolore e la perdita. Un giornalista che documentava l’arrivo dei feriti all’Ospedale Battista nel quartiere Zeitoun, è rimasto scioccato quando la sua stessa casa è stata bombardata durante il suo lavoro, un ulteriore segno della precarietà e del pericolo costante in cui vivono gli abitanti di Gaza.

Il conflitto continua a mietere vittime innocenti e a lasciare cicatrici profonde, non solo nei corpi, ma anche nell’anima di chi lo subisce. La comunità internazionale è chiamata a riflettere e ad agire per fermare questa spirale di violenza, che colpisce soprattutto chi non ha alcuna colpa, se non quella di essere nato in una terra martoriata.